per voce di basso e cordiera di pianoforte (2022)
(english translation below)
Chi è Orfeo? Un mito antichissimo, raccolto nei Frammenti Orfici, ci parla di un cantore-sapiente e il suo canto poetico racconta dei miti di fondazione e cosmogonia, quindi di Fanes, maschio e femmina a un tempo, che –come dice il nome– appare, manifesta, esprime «l’emergere di una forma, con un sussulto, di una realtà abissale.» (G. Colli, La sapienza greca). Orfeo è certamente legato ad Apollo, e proprio la lira, che in entrambi accompagna il canto, rappresenta questo forte legame, testimoniato anche da un’ampia iconografia. Ma il mito di Orfeo si articola anche in stretta connessione con Dioniso e con tutto ciò che i miti, i culti e i misteri legati a questa divinità, comportano. L’estasi e la follia, con la loro potenza scatenante selvaggia e mistica, sono dunque ingredienti fondamentali che si mescolano nell’identità di Orfeo con la nota capacità di ammaliare, attraverso la bellezza del canto (che va inteso anche come poesia e armonia), non solo orecchi umani ma animali, piante e pietre. «Orfeo stesso» ci dice Colli «è la figura mitica inventata dai Greci per dare un volto alla grande contraddizione, al paradosso della polarità e dell’unità tra i due dèi».
Orfeo è dunque una figura complessa che va ben oltre la vicenda della doppia perdita dell’amata Euridice, la sua “storia” continua, come ci narra Ovidio nelle Metamorfosi quando, uscito dall’Ade e tornato a cantare, inconsolato, rifiuta l’amore delle donne trace e queste, ferite dal rifiuto, lo fanno letteralmente a pezzi, facendogli quindi subire quello smembramento (“sparagmos”) che aveva subito Dioniso, ancora bambino, ad opera dei Titani.
In questo pezzo ho cercato quindi di concentrare in tre momenti, tre caratteristiche salienti del mito di Orfeo:
I) Orfeo che canta e incanta, con melodie distese che intonano le parole Fanes, Dionysos, Eurydike;
II) Orfeo smembrato con violenza, da cui emergono frammenti vocali che lasciano trasparire le parole sparagmos e ancora Dionysos;
III) dopo lo “sparagmos” la voce di Orfeo persiste ma è strasmutata, senza corpo, è anima trasmigrante: la sua voce si fa acutissima e assorbe in sé quella di Eridice ritrovata infine nell’Ade.
Quest’ultima metamorfosi valorizza le capacità della voce di Victor Andrini di emettere gli armonici attraverso la tecnica del canto difonico, una straordinaria uscita dal sé, per una voce di basso, che esprime efficacemente l’ambiguità implicita nelle figure di Orfeo e Dioniso.
Il pianoforte, dal canto suo, non è meno trasfigurato. Con un lavoro complesso sulla cordiera –che si traduce in un duro lavoro per l’interprete!– ho cercato di reinterpretare lo strumento di Orfeo. La cordiera di un moderno pianoforte a coda può sembrare lontanissima da una lira greca e certamente lo è. Sembra però, come sostiene C. Sachs, che, nel distribuire compiti diversi alle due mani, il suonatore di lira spesso facesse risuonare le corde con un colpo deciso dato con la mano destra, mentre con la sinistra, a dita tese, stoppava la risonanza di alcune corde per filtrarne il suono e ottenere l’armonia voluta. In maniera analoga, ma inversa, io ho fatto in modo che la mano sinistra del pianista, premendo i tasti silenziosamente, alzi gli smorzatori di quelle corde che la mano destra fa vibrare, sulla cordiera, con un colpo deciso. Questa tecnica, l’uso dei suoni armonici e inarmonici e altre tecniche che il pianoforte offre, mi hanno consentito di spaziare in una gamma di sonorità che va da morbidi grumi risonanti, a nitidi accordi, a violenti strappi, all’eco di rumori profondi.
© Sergio Lanza 2022
(english translation)
Who is Orpheus? A very ancient myth, collected in the Orphic Fragments tell us about an epic wise singer whose chant describes the foundation and cosmogony myths. Therefore he tells about Phanes, male and female at the same time, who appears, shows, expresses « the emergence of a form, of an abyssal reality » (G. Colli, La sapienza greca). Orpheus is definitely linked to Apollon and the Lyre, that sustain the singing of both, stands for this strong relation, witnessed by a large iconography. But Orpheus’ Myth is also strictly connected with Dionysus and all the myths, cults and mysteries that refer to this god. Hence ecstasy and madness, with their wild and mystic power, are fundamental ingredients which merge, in the Orpheus identity, and blends together with his renowned ability to enchant, with the beauty of singing, not only people but animals, plants and even stones. Orpheus itself « is the mythical character invented by Greeks in order to figure the big contradiction, the paradox of polarity and unity of the two gods » (Colli, quoted).
Orpheus is complex character whose identity goes far beyond the case of the beloved Euridice double loss. His “story” goes on –as Ovidius’ Metamorphoses tells us– and we find Orpheus, came out from the Hades, who turns back to sing his mournful fate and refuses the love of Thracian women who, for this reason, kill him by literally dismember his body. And this dismemberment (“sparagmos”) is just the same destiny that had already occurred to the child Dionysus by Titans.
In this piece I tried to concentrate in three fases the three salient features of Orpheus Myth:
I) Orpheus who sings and enchant with broad melodies that sing the words Phanes, Dionysos, Eurydike.
II) Orpheus dismembered with violent actions in which the voice makes the words sparagmos and again Dionysos resound.
III) After the sparagmos Orpheus’ voice is still there but transformed, bodyless, it is a transmigrating soul that becomes very high and absorbes in itself that one of Euridice, finally found again in the Hades.
This last metamorphosis is possible thanks to the peculiar ability of Victor Andrini to sing vocal harmonics, through the diphonic chant technique: an extraordinary way, for a bass voice, to come out from itself and espress the ambiguity entailed in the figures of Orpheus and Dionysos.
The piano, on its turn, is transfigured as well: I have tried, with a complex and hard work (specially for the pianist!) on the strings to interpret Orpheus’ instrument. The strings of a modern grand piano appears to be quite far from an ancient greek lyre, and sure they are. However it seems that, according to C. Sachs, the lyre player used to give his hands different tasks: the strings were played by the right hand with a struck, while the left hand, by touching some of the strings and so preventing them to resonate, was filtering the resulting sound to get the right harmony. In a similar yet inverse way I let only some strings resonate, by pressing silently the keys and so raising the relative dampers with the left hand, while the right hand plays the strings with a rapid struck. This technique, together with others involving the emission of harmonics, let me estract from the stringboard of the piano a wide range of sonorities that goes from soft resonating harps-like streams to clear harmonics chords, from violent rips to deep rumbling echoes.
© Sergio Lanza 2022